Jannìa, il nostro olio

Jannìa è un olio extra vergine di oliva – proveniente da olivi secolari – di una cultivar recuperata, la Pennulara, che ha eccellenti proprietà nutrizionali e che fu introdotta in zona probabilmente dai monaci Basiliani provenienti da Oriente intorno all’anno 1000.

L’olio Jannìa è ottenuto attraverso un processo di estrazione a freddo, con la molitura che comincia entro 4 ore dopo la raccolta delle olive, così da preservarne tutte le proprietà organolettiche. La raccolta viene effettuata – natura permettendo – intorno alla metà di ottobre, con attenzione a proteggere le olive dal sole sistemandole in piccole cassette tenute sempre all’ombra per evitare che si riscaldino. 

Analisi di laboratorio hanno rilevato il bassissimo grado di acidità e l’alto contenuto di polifenoli che rendono Jannìa un olio di grande qualità.

Caratteristiche di degustazione

Alla vista limpido, colore verde smeraldo.

Al naso sentori di erba tagliata accompagnano note di buccia di lime, foglia di pomodoro e cardo, alternandosi a carciofo, salvia, mentuccia e buccia di mandorla amara.

Al palato ha una buona struttura, che mostra il giusto equilibrio tra amaro e piccante con persistenza fine e fragrante.

– acidità: 0,18 [±0,01] %

– perossidi: 4,4 meq O2/kg

– polifenoli: 516,7 mg/kg

Disponibile in bottiglie da 500 ml o da 250 ml.

Il territorio

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Nel cuore della Calabria

L’uliveto si trova nel cuore della Calabria, a metà strada tra il mar Ionio e il mar Tirreno, precisamente a Carello, una vallata che prende il nome dall’omonimo borgo – oggi disabitato ma molto suggestivo – che si trova alle porte della Sila e che degrada dolcemente fino al fiume Neto. Secondo un racconto locale, proprio a Carello, la chiesa di San Teodoro (di cui oggi restano le rovine) deve il suo nome a un soldato romano il quale, assediato dai nemici, invocò l’aiuto di Dio che trasformò gli ulivi in un esercito per sconfiggere il nemico. La Sila è l’altopiano più esteso dell’Europa continentale ed era già conosciuto dai Greci e dai Romani per l’abbondanza di legna e di materie prime, oggi è un area montana incontaminata in cui il bosco con la sua flora e fauna trova la massima espressione. L’uliveto si trova tra i 500 e i 600 metri s.l.m. precisamente ai piedi del monte Campo di Manna e del monte Gimmella (1200 metri s.l.m.), la cima più alta della Val di Neto e ultima propaggine della Sila.

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Il clima ideale

Jannìa è da sempre un luogo conosciuto per le condizioni eccezionali del suo particolare micro-clima: le temperature, infatti, sono decisamente meno rigide rispetto alle montagne circostanti, che proteggono l’uliveto dai venti e dalle intemperie. Il terreno ha una estensione di 3 ettari e si compone di circa 500 alberi di ulivo, fusti centenari che rendono l’area facilmente riconoscibile risalendo la strada che porta, lungo un suggestivo sentiero di querce, abeti e pini, a San Giovanni in Fiore, il centro principale della Sila. Il terreno è di tipo franco tendente al sabbioso con presenza di forte scheletro affiorante, che caratterizza l’ambiente ideale per lo sviluppo delle radici evitando ristagni di acqua. Una macchia verde che affonda le radici nel passato, dove non di rado si vedono volpi, cinghiali e caprioli, e che restituisce al presente un luogo autentico, da riscoprire e valorizzare.

Chi siamo

Jannìa era un nome che ascoltavamo da bambini, a Napoli, quando papà e zio parlavano di quell’uliveto nella loro adorata Calabria. Google Maps non esisteva ma i loro ricordi erano fotografie precise, perfette. Jannìa era per noi un nome ad inchiostro sbiadito, appuntato su un vecchio registro del nonno appartenuto da sempre alla nostra famiglia. L’unica informazione che conoscevamo era che questa zona produceva – e produce ancora – olio pregiatissimo, rinomato in tutto il territorio.

Dopo la morte di zio e papà, ritrovando quel vecchio registro, memori dei loro racconti, siamo andati alla ricerca dell’uliveto e siamo rimasti folgorati dalla bellezza incontaminata di quel posto, che parlava allo stesso tempo delle nostre origini e del nostro futuro. Quel terreno era esattamente lì, ma era stato abbandonato all’incuria da parte di chi lo aveva gestito negli ultimi anni.

Abbiamo deciso di recuperarlo e dar vita al nostro progetto: fare olio di qualità in Calabria, in Sila, attraverso l’impegno di giovani professionalità del territorio.

Così, abbiamo messo insieme la nostra squadra: agronomo, frantoiano e conduttore del terreno. Tutti giovani calabresi con importanti esperienze nel campo e che applicano alla materia prima le più aggiornate tecniche di lavorazione, potatura ed estrazione, per ottenere un prodotto che rispecchi fedelmente – ed in modo consapevole – cultivar e territorio. Del resto Jannìa è semplicemente “quel pezzo di terra dove si produce un olio davvero buono”, esattamente come raccontavano papà e zio tanti anni fa.

Angelo e Francesca Oliverio

… che poi, le “olive” le abbiamo sempre “custodite” nel nostro cognome!

A portare la Pennulara furono probabilmente i monaci Basiliani, di rito greco bizantino, i quali provenendo da Oriente si stabilirono nella vallata attraversata dal fiume Neto intorno all’anno 1000.

Lì alcuni vivevano da eremiti in grotte (ancora oggi visitabili) altri innalzarono il monastero di Santa Maria dei Tre Fanciulli comunemente chiamato “A’Patia” e crearono dei centri di lavoro recuperando i terreni circostanti attraverso l’agricoltura e la pastorizia, e producendo un olio già allora riconosciuto per le sue qualità quasi “medicamentose”.

Il logo è opera dell’artista Vincenzo Franco, in arte animabulimica_art, il quale ha interpretato la storia disegnando su carta con china un’illustrazione che ricorda le antiche tavole botaniche monastiche. Al centro protagonista è l’oliva con tre foglie che formano l’iniziale del nome Jannìa, e che richiamano la simbologia del numero omaggio al monastero di Santa Maria dei Tre Fanciulli. Sullo sfondo del logo è visibile una macchia rossa che riprende l’impronta di colore rimasta sulle mura del vecchio frantoio (oggi in disuso) che si trova ancora tra gli ulivi della proprietà. All’interno della macchia rossa prende forma una croce bizantina omaggio ai monaci basiliani, che richiama lo stemma dell’antica Calabria Citra, oggi ripreso in quello della Regione Calabria.

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